Pescara, lo scoppio nell’azienda di fuochi pirotecnici è avvenuta nel deposito giudiziario: 4 morti, 8 feriti
Bilancio pesante, ma avrebbe potuto essere devastante: quattro morti, otto feriti. Vigili del Fuoco coinvolti, carabinieri salvati dal giovane Alessio di Giacomo (deceduto)
Le due esplosioni di che ieri hanno devastato l’azienda «Pirotecnica abruzzese» di Mauro di Giacomo a Città Sant’Angelo avrebbe potuto essere una strage di ben più vaste proporzioni. La prima, intorno alle 10.15, si è verificata nel deposito giudiziario in cui le forze dell’ordine conservavano i botti illegali sequestrati nelle varie indagini in Abruzzo. La seconda, che ha ucciso il giovane Alessio Di Giacomo, l’unica vittima di cui è stato trovato al momento il corpo, è avvenuta nella fabbrica annessa.
Alessio ha salvato i carabinieri accorsi per primi dopo la prima deflagrazione. «Non vi avvicinate, è pericoloso» ha detto ai militari accorsi sul luogo. Poi è rimasto coinvolto nel secondo botto, probabilmente nell’intento di mettere in sicurezza l’azienda. Non ci sono più speranze per il padre Mauro (45) e lo zio Federico (50), insieme all’altro parente Roberto (39), mentre è miracolosamente illesa una signora di 92 anni, Gilda Tauro, madre del titolare.
Secondo fonti ospedaliere, sono otto i feriti che risultano essere stati accompagnati nei nosocomi di Pescara e di Penne, dopo le prime cure prestate nell’ospedale da campo allestito in emergenza nei pressi del luogo dell’esplosione. Due di loro sono in prognosi riservata a Pescara. I rimanenti, meno gravi, a Penne. Sia nell’ospedale pescarese che in quello di Chieti i reparti di rianimazione sono pronti per accogliere eventuali feriti gravi.
Tra i feriti in gravi condizioni c’è anche un Vigile del Fuoco, trasferito con l’elisoccorso all’ospedale civile di Pescara.
Adriano di Giacomo è salvo per caso. Invece di essere in fabbrica con i fratelli Mauro e Federico, era andato in centro a Città Sant’Angelo per una visita medica. «Non avevamo operai – dice nella disperazione – era un’azienda familiare la migliore d’Abruzzo». Adriano non riesce a capacitarsi perché «era il miglior laboratorio d’Abruzzo, avevamo rifatto tutto da capo, era tutto nuovo. Belle coperture, tutte coibentate, muri da 40 centimetri», ma evidentemente qualcosa è andato storto.
Sarà questo l’obiettivo principale dell’inchiesta condotta dalla magistratura locale, ricostruire le cause delle deflagrazioni e capire come possono eventualmente essere evitate in futuro. Andrà a nostro avviso valutata in modo diverso l’allocazione di questa tipologia di opifici, visto che le esplosioni hanno coinvolto anche due insediamenti rurali abitati da persone.
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