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Xinjiang, eseguite 8 condanne a morte. Giustiziati anche i colpevoli dell’attentato di Tiananmen dello scorso ottobre

Il governo cinese ha rivelato le identità di 7 terroristi, uccisi per crimini che vanno dall’attentato all’aver guardato online video sull’estremismo religioso. Dissidente uighuro: “Condanne di chiara matrice politica per fiaccare lo spirito della provincia”

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Urumqi, Xinjiang – Le autorità giudiziarie cinesi hanno eseguito 8 condanne a morte per “terrorismo” nella provincia nord-occidentale del Xinjiang. Fra i detenuti uccisi vi sono i 3 responsabili dell’attacco avvenuto in piazza Tiananmen lo scorso ottobre, nel quale sono morte 5 persone. Gli altri sono stati invece ritenuti colpevoli di crimini che vanno dal “rogo” alla fabbricazione di materiale esplosivo destinato al terrorismo.

In occasione della loro esecuzione, la Xinhua – agenzia di stampa del governo – ha anche reso note le identità dei tre assalitori di Tiananmen: Huseyin Guxur, Yusup Wherniyas e Yusup Ehmet. Rozi Eziz è stato invece ucciso per aver attaccato alcuni agenti di polizia nel 2013; Abdusalam Elim per aver guidato una non meglio specificata organizzazione terroristica; Memet Tohtiyusup per omicidio (ignoto il nome della vittima) e per aver guardato online video sull’estremismo religioso; Abdumomin Imin per essere “un leader del terrorismo”. Sconosciuto il nome dell’ottavo condannato.

Secondo Dilxat Raxit, portavoce del Congresso mondiale degli uighuri con base in Germania, queste esecuzioni “sono un tipico caso di uso del diritto per raggiungere scopi politici”. Secondo il dissidente, infatti, le condanne rientrano in una campagna lanciata da Pechino per fiaccare la resistenza della provincia, che da tempo chiede “vera autonomia” al governo centrale.

La regione dello Xinjiang è una delle più turbolente di tutta la Cina: qui vive l’etnia uighura, circa 9 milioni di persone turcofone e di religione islamica, che ha sempre cercato di ottenere l’indipendenza o una discreta autonomia da Pechino. Il governo centrale, da parte sua, ha inviato nella zona centinaia di migliaia di cinesi di etnia han per cercare di renderli l’etnia dominante. Inoltre impone serie restrizioni alla libertà religiosa, alla pratica musulmana, all’insegnamento della lingua e della cultura locale.

 (AsiaNews/Agenzie)