Da Milano scatta la caccia al Dna ‘alieno’ presente nel 50% dei malati di leucemia acuta
Uno studio condotto dall’Ospedale Niguarda e dall’Università Statale di Milano ha svelato una sequenza misteriosa nel DNA, che potrebbe essere di natura non umana. La ricerca è stata pubblicata su ‘Scientific Reports’, rivista del gruppo Nature: apre nuove prospettive di cura della leucemia mieloide acuta
Milano – Sotto l’amorevole sguardo della Madonnina, è scattata la caccia al DNA ‘alieno’ riscontrato nelle cellule neoplastiche di oltre il 50% dei malati di leucemia mieloide acuta, una famiglia di tumori del sangue che fa registrare ogni anno 2 mila nuovi casi solo in Italia.
La scoperta, probabilmente destinata a cambiare la storia della medicina oncoematologica, è tutta italiana, realizzata da una équipe di ricerca congiunta dell’Ospedale Niguarda di Milano e dell’Università Statale. Ieri la pubblicazione su ‘Scientific Reports‘, una rivista del gruppo Nature.
Lo studio ha portato a conclusioni inedite e inaspettate, definite “scioccanti” dagli degli stessi autori, che hanno trovato un ‘intruso‘ nelle cellule neoplastiche del 56% dei pazienti analizzati, su un target costituito da 125 adulti in trattamento al Niguarda: “una sequenza nucleotidica che non ha corrispondenza in nessuna delle sequenze umane finora conosciute”, ha spiegato ad AdnKronos Salute Roberto Cairoli, direttore di Ematologia dell’Asst meneghina, coordinatore del lavoro insieme ad Alessandro Beghini del Dipartimento di Scienze della Salute della Statale.
“Non ci ho dormito la notte – ha candidamente ammesso Cairoli, spiegando che il testo dell’articolo scientifico è stato sottoposto alla redazione della rivista americana il 1° Giugno. Ieri, appunto, la pubblicazione, dopo l’espletamento di verifiche molto approfondite “da parte di referee internazionali”.
La sequenza misteriosa ‘abita’ nel gene che codifica per una proteina chiamata WNT10B, sovra-espressa nella cellula leucemica. Per capire “da dove viene, come ci arriva e chi ce la porta” si aprono “diverse ipotesi ancora tutte da esplorare”, h sottolineato Cairoli. Una delle piste da seguire è quella microbiologica: un virus o un batterio, di certo un organismo non umano.
Cairoli ha ripercorso con l’agenzia di stampa del Gruppo Giuseppe Marra Communications la storia che ha portato al sorprendente risultato. “In un primo momento – ha raccontato l’ematologo, responsabile della parte clinica del lavoro, diretto da Beghini per la parte accademica – abbiamo visto che le cellule leucemiche sovraesprimevano WNT10B”. Già in uno studio di 4 anni fa, sempre a firma delle 2 équipe milanesi, si era osservato che la proliferazione cellulare incontrollata, tipica dei meccanismi tumorali, presentava un’iper-espressione della stessa proteina. “Siccome dietro una proteina c’è sempre un gene che la codifica – ha ricordato Cairoli – ci siamo focalizzati sulla corrispondente porzione di Dna”.
In altre parole “siamo andati a ritroso – sottolineano Cairoli e Beghini – chiedendoci chi impartisse l’ordine in grado di attivare un loop autoproliferativo senza interruzione. Grazie a una serie di tecniche di biologia molecolare molto avanzate, usate solo in pochi centri a livello mondiale, siamo quindi riusciti a identificare una variante dell’oncogene WNT10B e lo abbiamo studiato”.
Un’opera ‘certosina’ che ha beneficiato del “prezioso contributo” di Francesca Lazzaroni, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Milano, e di Luca Del Giacco, ricercatore del Dipartimento di Bioscienze dello stesso ateneo.
“L’intruso” è stato trovato nell’area ‘interruttore’, cioè quella che regola l’accensione o lo spegnimento del gene, dove è stata individuata una sequenza di nucleotidi (i ‘mattoni’ che compongono il Dna), sicuramente non di origine umana. “In questo – puntualizzano i ricercatori – ha giocato un ruolo fondamentale anche l’uso di sequenziatori automatici diciamo un po’ ‘vintage’. È stata la nostra fortuna, perché i macchinari di ultima generazione avrebbero scartato le sequenze non umane in automatico senza neppure analizzarle”.
“Il confronto con tutti i database delle sequenze nucleotidiche umane non ha prodotto alcuna corrispondenza con la sequenza misteriosa riscontrata – ha ricordato Cairoli – Abbiamo dunque a che fare con una sequenza aliena inserita in un Dna umano“. La scoperta è “importantissima”, hanno assicurato gli scienziati, pur non nascondendo “perplessità e qualche paura” per il lavoro ciclopico che si apre di fronte ai loro programmi di ricerca. “Negli anni a venire servirà tutta una serie di approfondimenti per risalire alla specie a cui appartiene questa sequenza nucleotidica”, non si nascondono. Un ‘corpo estraneo’ in cerca di identikit, un ‘oggetto non identificato’ al quale va dato un nome.
La fase di matching, ossia di confronto con tutte le sequenze non umane note, sarà molto complessa e “richiederà necessariamente la collaborazione con enti di ricerca internazionali che mettano a disposizione banche di Dna non umano molto vaste”. Un’impresa ancora più cruciale considerando un’altra correlazione trovata dal team meneghino: la stessa alterazione genetica si riscontra anche in alcune cellule di cancro del seno. In questo senso “le evidenze sono al momento meno approfondite”, ma si tratta di un input di ricerca che potrebbe delineare “novità importanti” anche per il ‘big killer in rosa’.
Nel frattempo, tra le corsie di Niguarda e i corridoi della Statale le ricadute della scoperta sul trattamento della leucemia mieloide acuta sono ritenute “promettenti”. Si è infatti identificato all’interno del gene WNT10B delle cellule leucemiche “un nuovo target per lo sviluppo di nuove, future terapie intelligenti a bersaglio molecolare”. Per Cairoli “il sogno è impedire ‘il matrimonio con l’alieno’, ovvero fare in modo che la cellula sana non subisca la perturbazione di questa sequenza nucleotidica anomala”. Oppure, se le ‘nozze’ avvengono, “cercare di limitarne il più possibile i danni”.
Lo studio milanese è un esempio vincente di ricerca italiana pubblica e indipendente. “Un lavoro completamente autofinanziato – hanno tenuto a sottolineare sia dal Niguarda che dall’Ateneo – possibile anche grazie al sostegno del volontariato“: dell’Associazione malattie del sangue di Milano – fondata e presieduta dalla storica primaria ematologa di Niguarda Enrica Morra, “mamma scientifica” di Cairoli, che ne ha ereditato il timone alla guida del reparto – e dell’associazione Cho-Como Hematology and Oncology, fondata dallo stesso Cairoli nei suoi anni di primario all’ospedale Valduce.
Leucemia mieloide – Le leucemie mieloidi acute sono malattie con una prevalenza di casi maschile e un picco di insorgenza dopo i 60 anni. “Considerandole in tutti i tipi, in ogni fascia d’età – stima Cairoli – possiamo dire che oggi curiamo bene circa il 40-45% dei pazienti. Questo però vuol dire che, a seconda dell’età e del tipo di leucemia, ci sono malati con una probabilità di cura del 90-95% e altri con appena il 10-15% di chance”. Soprattutto per questi ultimi sono attesi ulteriori progressi, in una branca della medicina – l’oncoematologia – che ha potuto vantare negli ultimi decenni successi fra i più grandi e insospettabili in passato.
A far sperare in un impatto positivo del nuovo lavoro c’è infine un ultimo elemento: “I pazienti che presentano la sequenza genetica aliena – conclude Cairoli – non sono quelli a prognosi migliore, né quelli in cui il tumore è secondario a chemio o a radioterapia”. Potrebbero essere loro, i malati più ‘difficili’, a beneficiare maggiormente di questa scoperta al 100% tricolore.
Credit: AdnKronos – Università Statale di Milano
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