‘Beati i poveri in spirito’. Il Vangelo della IV Domenica del Tempo Ordinario
Il vangelo delle Beatitudini domina la liturgia della Parola di questa domenica. È la prima parte del discorso della montagna. Gesù sale sul monte e appare come il Nuovo Mosè, promulgatore della Nuova Legge sul nuovo Sinai. Il commento di Sant’Agostino (a cura di Marie Thérèse Tapsobà Franceschini)
Vangelo Mt 5,1-12a
Beati i poveri in spirito.
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO A COMMENTO DELLA TRADIZIONE PATRISTICA
S. Agostino, dal Discorso 53/a, 1-2. 7-13.
Avete sentito con noi che Cristo Signore, «[…] essendoglisi avvicinatisi i suoi discepoli, aprendo la bocca cominciò ad istruirli dicendo: “Beati i poveri nello spirito; poiché di essi è il regno dei cieli”».
L’unico e vero Maestro insegnava ai discepoli che lo attorniavano, dicendo le massime da noi ricordate brevemente. Anche voi vi siete avvicinati a noi, affinché, con il suo aiuto, vi rivolgiamo la parola e vi istruiamo. Che cosa potremo fare di meglio che insegnare le massime che un sì gran maestro enunciò dandone la spiegazione?
Siate dunque poveri nello spirito; affinché sia vostro il regno dei cieli. Perché temete d’essere poveri? Pensate alle ricchezze del Regno dei Cieli! Si teme la povertà; si abbia pure timore; ma dell’iniquità. Infatti, dopo la povertà dei giusti, verrà una grande felicità, perché piena sarà la tranquillità; quaggiù, invece, quanto più cresce quella che si chiama ricchezza, ma non lo è, non solo cresce anche il timore, ma non finisce la cupidigia. Puoi darmi molti ricchi, ma puoi forse darmi un solo ricco senza timore? Un ricco desidera ardentemente di ammassare denaro, ma trema per la paura di perderlo. Quando mai è libero uno schiavo siffatto? È uno schiavo chi è soggetto a una qualsiasi padrona; ed è forse libero chi è schiavo dell’avarizia? Beati, dunque, i poveri nello spirito. Che vuol dire poveri nello spirito? Poveri quanto alla volontà, non quanto alle facoltà. Perché chi è povero nello spirito è umile; e Dio ascolta i gemiti degli umili e non ne disprezza le preghiere. Il Signore proclamò solennemente il proprio discorso cominciando dall’umiltà, cioè dalla povertà.
«Beati i miti poiché essi possederanno la terra». I miti. Quelli che non si oppongono alla volontà di Dio. Questi sono i miti. Chi sono i miti? Coloro i quali, quando le cose vanno loro bene, lodano Dio; quando invece vanno male, non bestemmiano Dio; mediante le loro opere buone danno gloria a Dio e dei propri peccati accusano se stessi. Essi erediteranno la terra. Quale terra, se non quella di cui parla il salmo: «Sei tu la mia speranza, la mia porzione nella terra dei viventi?», (Sal., 141, 6).
«Beati coloro che piangono, perché saranno consolati». Miei cari, fratelli, il pianto è un fatto doloroso, quando è il lamento di chi si pente. In realtà ogni peccatore dovrebbe piangere. Chi viene pianto se non chi è morto? E che c’è di così morto come un iniquo? Ecco una cosa straordinaria: pianga se stesso e tornerà in vita: pianga spinto dal pentimento e verrà consolato con il perdono.
«Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati». Il fatto d’aver fame della giustizia si ha solo sulla nostra terra. La sazietà della giustizia si avrà solo in un altro luogo ove nessuno peccherà: la sazietà della giustizia quale si trova negli angeli santi. Ma noi che siamo affamati e assetati della giustizia, dobbiamo dire a Dio: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
«Beati quelli che hanno compassione degli altri, perché otterranno compassione». Con un’ottima connessione logica, dopo aver detto: «Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati, soggiunse: Beati quelli che sentono compassione perché Dio avrà compassione di loro». Tu infatti hai fame e sete della giustizia. Se hai fame e sete, sei mendicante di Dio. Te ne stai dunque come un mendicante davanti alla porta di Dio, ma c’è anche un altro mendicante davanti alla tua porta; quel che farai col tuo mendicante, lo farà Dio con il suo.
«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio». Uno deve compiere tutto ciò ch’è stato detto più sopra e il suo cuore sarà mondato. Ha il cuore puro, perché non finge l’amicizia e impedisce che nel suo cuore ci sia l’inimicizia. Poiché Dio dà il premio in relazione al cuore, ove Egli vede. Tutto ciò che ti piace lì, dentro il tuo cuore, non approvarlo, non lodarlo; e se ti solletica una passione malsana, non vi acconsentire: e se è molto ardente, prega Dio di respingerla, affinché nel tuo intimo si produca qualche effetto salutare e venga purificato il cuore, nel quale viene pregato Dio stesso. Quando infatti vuoi pregare Dio dentro la tua camera, purificala, perché Dio ti esaudisca, purifica la tua camera interna. Talora tace la lingua, ma geme l’anima; in ogni modo nel proprio intimo, nella camera del cuore si prega Dio: lì non vi sia nulla che offenda gli occhi di Dio, che dispiaccia a Dio. Forse potresti trovarti in difficoltà nel purificare il tuo cuore; invoca allora Colui che non disdegnerà di purificare un posto per Sé e si degnerà d’abitare in te. Temi forse di accogliere un potente così grande e di esserne turbato, come degli individui mediocri e meschini i quali sono soliti temere d’esser costretti ad accogliere in casa propria dei viaggiatori altolocati? Certo non v’è nulla di più grande di Dio: tu però non temere le tue strettezze, accoglilo ed Egli ti dilaterà. Non hai nulla da offrirgli da mangiare? Accoglilo e ti nutrirà Lui e, quel ch’è più dolce alle tue orecchie, sarà Lui che ti nutrirà di Se stesso. Sarà egli stesso il tuo cibo, poiché è stato proprio lui a dire: «Sono io il pane vivo disceso dal cielo», (Gv., 6, 41). Un tal pane ristora e non si deteriora. «Beati dunque i puri di cuore, perché vedranno Dio.
«Beati i pacificatori, perché saranno chiamati figli di Dio». Chi sono i pacificatori? Coloro che procurano la pace. Vedi delle persone, in disaccordo tra loro? Sii tra loro operatore di pace: parla bene del primo al secondo e viceversa. Ascolti del male riguardo a uno di essi da parte dell’altro come da uno ch’è adirato? Non lo manifestare; dissimula l’insulto ascoltato dall’adirato, da’ un leale consiglio per la concordia. Ma se vuoi essere pacificatore tra due tuoi amici, che sono in discordia, comincia da te stesso ad essere pacifico: devi mettere pace in te stesso interiormente, dove forse sei in lotta quotidiana con te stesso. Non sentiva forse il dissidio colui che diceva: «La carne ha desideri contrari a quelli dello spirito e lo spirito desideri contrari a quelli della carne; queste due forze si oppongono a vicenda, sicché non potete fare quel che vorreste», (Gal., 5, 17)? Sono parole del santo Apostolo. «Nel mio intimo amo la legge di Dio – dice – ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che contrasta fortemente con la legge amata dalla mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato, che abita nelle mie membra», (Rm., 7, 22-23). Se dunque proprio nell’interno dell’uomo esiste un certo dissidio ogni giorno e si lotta lodevolmente, perché le facoltà superiori non siano vinte da quelle inferiori, perché il desiderio sensuale non vinca lo spirito, perché la concupiscenza non vinca la sapienza, ne risulta la giusta pace che tu devi realizzare in te, affinché sulle facoltà inferiori abbia il dominio la facoltà più elevata, ch’esiste in te. La facoltà più elevata che tu hai è quella in cui risiede l’immagine di Dio. Questa si chiama spirito, si chiama intelligenza; in essa arde la fede, si rafforza la speranza, si accende la carità. Desidera il tuo spirito esser capace di vincere i tuoi desideri sensuali? Lo spirito sia soggetto a Colui che gli è superiore e sarà vittorioso della parte inferiore [dell’uomo]; così regnerà in te la pace vera, sicura, stabilita nell’ordine più perfetto. Qual è l’ordine di questa pace? Dio ha il dominio sullo spirito, lo spirito sulla carne; nulla di più ordinato: la carne però ha sempre le sue debolezze. Non era così nel paradiso: è diventata così a causa del peccato, e a causa del peccato è incatenata dalla discordia, che ci contrasta. È venuto però un uomo senza peccato per mettere d’accordo l’anima nostra con la nostra carne e s’è degnato di darci il pegno dello Spirito. «Tutti coloro che si lasciano guidare dallo Spirito di Dio sono figli di Dio» (Rm., 8, 14). «Beati i pacificatori perché saranno chiamati figli di Dio».
«Beati i perseguitati a causa della giustizia». Questa aggiunta distingue il martire dal brigante; di fatto anche il brigante è perseguitato per causa dei suoi misfatti ma egli non cerca il premio, bensì sconta la pena dovuta. Fa di uno un martire non la pena, ma la causa. Prima scelga la causa e poi tranquillo sopporti la pena. In un luogo v’erano tre croci, quando il Cristo soffrì la passione: egli nel mezzo, di qua e di là due briganti. Considera la pena: niente di più simile, eppure uno dei briganti sulla croce trovò il paradiso. Il Cristo nel mezzo fa da giudice: condanna il superbo, soccorre l’umile. Il legno della croce fu il tribunale per il Cristo. Che cosa farà quando giudicherà, Egli che poté fare ciò quando era giudicato? Al brigante che aveva proclamato la sua fede in lui, disse: «Ti assicuro che oggi sarai con me in paradiso», (Lc., 23, 43). Egli infatti si differenziava dall’altro. Cosa mai aveva detto? «Ricordati di me, Signore, quando sarai nel tuo regno», (Lc., 23, 42). Conosco – diceva – i miei delitti; senza dubbio dovrò solo portare tormenti finché non vi giungerai tu stesso. Ma poiché chiunque si umilia sarà esaltato, Cristo pronunciò subito la sentenza e gli concesse il perdono: «Oggi – disse – sarai con me in paradiso».
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