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L'Italia ha un problema: la partitocrazia e l'eccesso di Stato inefficiente
Monti e il teatrino della politica
I governi tecnici in democrazia non esistono, ma gli imprenditori che si suicidano sono un segnale pericoloso
di Vincenzo Scichilone
Articolo pubblicato il 30.03.2012 -
Tag: Italia, Monti, partitocrazia, fascismo, corporativismo, imprenditori suicidi, politici ignoranti
Dal tour in Oriente il professore Monti ha inviato una stilettata alla politica italiana: voi non avete consenso, noi (il governo “tecnico”) si. Una verità oggettiva, ma ricevuta con stizza dai partiti italiani e commentata con toni diversi, ma tutti concordi nel rubricare lo schiaffone montiano come “voce dal sen fuggita”. Insomma, chi dice il vero è preso per pazzo.
Quel che però non dice Monti – e non può dirlo – è che in democrazia non esistono governi “tecnici”. Ogni governo espresso con le procedure costituzionali è un governo politico. In Italia questo accade attraverso l'istituto della fiducia parlamentare. Quindi, questo governo è addirittura “superpolitico”, perché ha ottenuto la fiducia del Parlamento con le procedure prescritte dalla Costituzione vigente, ma l'unica discontinuità è costituita dall'aver ricevuto la fiducia sia dalla coalizione risultata vincente nelle ultime consultazioni elettorali, sia da quella che ne uscì sconfitta.
Se volessimo usare una metafora motoristica, è accaduto quel che avviene nelle gare endurance, tipo 24 Ore di Le Mans. Il pilota precedente, Berlusconi, è sceso dalla vettura perché aveva concluso il turno di guida, sostituito da un altro pilota, Monti, ma la macchina (Italia) è rimasta la stessa. Il team è lo stesso. Il traguardo non cambia. Non dovrebbe cambiare. Ma il problema è che i precedenti piloti hanno dimostrato di non essere competitivi e il team non funziona più.
Dunque, nessuno dice che il professor Monti e i suoi ministri costituiscono la faccia presentabile di un sistema – la partitocrazia – che non vuole lasciare il potere. La partitocrazia non è democrazia, ma ne è una interpretazione e in Italia costituisce la continuazione dell'esperienza autoritaria fascista e corporativa con altri mezzi. Nel 1948 è cambiato – secondo noi -
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Ne è dimostrazione la quasi generale incompetenza dei politici italiani, di ogni ordine e grado. Il programma televisivo di Italia Uno “Le Iene” lo ha spesso documentato in modo indiscutibile: deputati e senatori, chiamati a legiferare, ignoranti nelle materie su cui poi hanno esercitato le proprie prerogative legislative. Una vergogna. Diffusa. Non più tollerabile.
Non più tollerabile perché il Paese reale, pur tra lacci e lacciuoli, con barriere ideologiche e steccati sociali, conflitti di interessi diffusi, corruzione soffocante, è progredito, si è aggiornato, ha verificato che un mondo e una società diversa sono possibili. La colpa, si può dire, è dell'Europa. Il “Progetto Erasmus” ha consentito e consente a molti studenti universitari di verificare con mano il funzionamento di altri atenei nel Continente, di vivere la burocrazia efficiente di altri Stati, di sperimentare sistemi sociali non ancorati alla raccomandazione politica, al privilegio, ai meccanismi clientelari.
Le indagini sociologiche sono impietose: la stragrande maggioranza dei giovani (e forse non solo dei giovani) se ne andrebbe subito dall'Italia, se potesse farlo. E lo farà, quando potrà. Un fattore di debolezza per il presente e il futuro del Paese.
Le reazioni dei partiti alle dichiarazioni del professor Monti sono perciò stucchevoli, perché Monti è il paravento che la partitocrazia ha messo tra se e la cittadinanza disgustata, con lo scopo di fare quel “lavoro sporco” che i vari politicanti non sono stati in grado di fare, almeno dalla caduta del muro di Berlino e la fine del bipolarismo Est-
Che fare? Occorre una sostituzione integrale della classe dirigente del Paese, con pochissime eccezioni. Occorre che questa transizione avvenga con il contributo pacifico di tutti, per il bene del Paese, perché la rabbia sta montando inesorabile. L'attuale classe dirigente è in genere dequalificata sotto il profilo etico; incapace di amministrare il Paese (esempio: le opere pubbliche incompiute e quelle abbandonate ai vandali e inutilizzate); alla continua rincorsa dei riflettori mediatici (un sindaco e un assessore possono presentare, in pompa magna e con la complicità di parte della stampa locale, come un “evento” straordinario la pulizia ordinaria della città? Avviene a Gela, sesta città della Sicilia, devastata da un inquinamento non solo dell'ecosistema e città della legalità parolaia). Occorre qualche passo indietro, uno non basta più. Lo Stato deve uscire dall'economia e diventare giudice onesto ed equidistante della vita nazionale, non giudice interessato, in continuo conflitto di interessi, con una ramificazione di interessi soffocante, una burocrazia corrotta a livelli intollerabili per una democrazia occidentale.
Se così non avverrà in breve tempo, non sarà una sorpresa se i cittadini inizieranno a bersagliare i politici (anche le persone perbene, poche: è inevitabile) con una intensità crescente. Una pre-
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